Il valore della compassione verso se stessi

La compassione è l’essere toccati dalla sofferenza altrui e rispondere a questo dolore con un profondo desiderio di alleviarlo.
Ho imparato che la gente dimenticherà quello che dici, la gente dimenticherà quello che fai, ma la gente non dimenticherà mai come li hai fatti sentire
Maya Angelou (Booth & Hachiya, 2004, p. 14)
Avere compassione significa anche offrire comprensione e gentilezza agli altri quando sbagliano, invece che giudicarli con durezza, perché sofferenza, errori e imperfezioni fanno parte di un’esperienza umana comune e condivisa.
Mentre l’empatia è la capacità di “condividere” i sentimenti degli altri, la compassione è la capacità di condividere i sentimenti dolorosi con una profonda intenzione di alleviare quella sofferenza.
La compassione può essere consapevolmente rivolta a se stessi – quella che viene chiamata self compassion – per nutrire un atteggiamento di comprensione e di sostegno anche verso la propria sofferenza.
Invece di giudicare e criticare severamente i nostri errori è possibile coltivare un atteggiamento di gentilezza e comprensione verso se stessi per imparare ad accettare il nostro essere umani, limitati.
La condizione umana, la realtà che appartiene a tutti, prevede che la vita non corrisponda ai nostri desideri , che esistano le frustrazioni e le perdite, che gli errori siano comuni e frequenti e che sicuramente nessuno possa essere all’altezza dei propri ideali.
Quanto più riusciamo ad aprirci a questa realtà tanto più saremo in grado di provare compassione per noi stessi e per tutti gli altri.
Senza compassione verso se stessi la compassione che offriamo agli altri avrà il sapore del sacrificio e renderà meno libero sia chi la da che chi la riceve.
I tre elementi che costituiscono la compassione consapevole rivolta verso se stessi sono quindi: la gentilezza, il senso di umanità comune e la mindfulness.
Gentilezza verso se stessi
Attraverso la pratica di compassione verso se stessi è possibile arrivare a riconoscere che è inevitabile essere imperfetti, fare errori , sperimentare le difficoltà della vita. La pratica ci insegna a rivolgerci con gentilezza a noi stessi tutte le volte che proviamo delusione o dolore perché la realtà non è all’altezza delle nostre aspettative, e questo vale anche per le nostre aspettative verso noi stessi. Solo accettare con gentilezza e affetto i limiti che la realtà propone ci può offrire un maggiore equilibrio emotivo perché tutte le volte in cui neghiamo e proviamo a contrastare la vita, lo stress la frustrazione e l’ autocritica aumentano.
Senso di umanità comune
Spesso quando le cose non vanno come vorremmo sperimentiamo anche una pervasiva sensazione di isolamento, ci sembra di essere i soli a sperimentare “quel dolore” o “quella frustrazione”. Arrivare a riconoscere che la sofferenza e il senso di inadeguatezza che ci accompagna sono parte di un’esperienza umana condivisa, ci permette di sentirci collegati a tutti gli esseri e di assumere una prospettiva più ampia: gli errori e le difficoltà della vita non assumono più quella caratteristica individuale così dolorosa, ma possono essere vissuti con maggiore comprensione e una compassione senza giudizio.
Mindfulness
L’accettazione ed il senso di connessione di cui stiamo parlando sono coltivate attraverso le pratiche di mindfuness, così come l’equanimità: quell’atteggiamento equilibrato verso le emozioni distruttive, la capacità di porsi in relazione con ciò che si sente in modo da non esagerare, sminuire o evitare la propria realtà interiore. Se ignoriamo il nostro dolore, diventerà impossibile offrirci la compassione di cui abbiamo bisogno. Coltiviamo uno stato mentale accogliente in cui abbracciamo sensazioni e pensieri dolorosi esattamente così come sono, senza giudizio e senza provare a cambiarli o far finta che non esistano. La mindfulness ci aiuta a non “sovraidentificarci” con pensieri e sensazioni , ricordandoci sempre che siamo molto più complessi di quello che ci raccontiamo e permettendoci di ridurre la nostra reattività.
Al contrario dell’autostima, la compassione verso se stessi non è basata sull’autovalutazione. Meritiamo la nostra compassione perché tutti gli esseri umani meritano compassione e comprensione e non perché abbiamo certe caratteristiche o perché forniamo determinate performance.
Non abbiamo bisogno di sentirci meglio degli altri per poter stare bene con noi stessi e per poter stare meglio.
La compassione verso se stessi produce benessere essendo associata ad un maggior grado di resilienza emotiva, ad un concetto di sé più accurato, ad una maggior cura delle relazioni e a minori livelli di narcisismo e di rabbia reattiva.

Interessere Mindfulness in Azione partecipa e sostiene questa iniziativa di formazione promossa da CMF – Counseling Mediazione Familiare. A giugno un workshop di due giorni sulla Mindfulness in Rel-Azione