Ovvero: tre comprensioni che possono salvarci la vita.
Il mio maestro Thich Nhat Hanh mi ha insegnato sempre a chiedermi: “Sei sicura?” Un’altra insegnante laica nella tradizione di Thich Nhat Hanh, Diana Petech, mi ha regalato tanto tempo fa un’altra pratica che per me si è rivelata tante volte un’amica preziosa: quella dell’”oppure no”. Io la penso così, io la vedo così, io la vivo così: “Oppure no?”
Tutte e due queste pratiche mi hanno aiutato tante volte in questi giorni e settimane di lockdown a fermarmi un attimo e a fare spazio. Sì, fare spazio all’interno dei tanti momenti in cui rimanevo incastrata nei miei timori – farei meglio a chiamarle paure – o nei miei giudizi, nelle mie emozioni, nella tristezza – a volte nel dolore – nella rabbia, nell’impazienza. Fermarmi un attimo. “Sei sicura?”. Sei sicura che sia tutto qui? Il tuo malessere è proprio tutto quello che c’è? Sei sicura che non puoi provare ad accoglierlo?
“Oppure no”…. oppure anche se è stranissimo camminare nella strada deserta, e mi sento addolorata e triste per quel che succede nel mondo – anzi nel mio mondo – se faccio un po’ di spazio posso cogliere anche il piacere di camminare, la fortuna che ho a poterlo fare, il papavero che occhieggia sul marciapiede, il cielo azzurro… le tante condizioni di felicità che ancora ci sono. Sì, certo, una felicità un po’ diversa da prima. Oppure no?
“Oppure no”… oppure anche in quel momento che il senso di tristezza mi pervade, e mi sento sovrastata e arrivano ricordi di sofferenza passata, se mi fermo posso provare a stare anche con quelle sensazioni nel corpo, respirandoci attorno con delicatezza, avvolgendole di respiro come se fosse una coperta calda, facendo spazio anche per loro, mettendole all’aria, dando loro il permesso di esserci… dando il permesso a me stessa di essere con loro, senza giudizio, certo anche stavolta solo per quanto posso. Sei sicura che non puoi proprio starci insieme? Forse l’esperienza piano piano mi dice una cosa diversa se resto aperta ad ascoltare.
In queste settimane strane tante certezze si sono sovvertite, tante abitudini – anche abitudini di pensiero – sono cambiate, piano piano sto facendo i conti con l’abitudine più difficile per me: abituarmi all’incertezza. Sei sicura che non puoi proprio farcela ad avere meno certezze su tutto? Sei sicura che anche le tue certezze di prima fossero davvero così certe?
Ci sono stati momenti in questo periodo in cui sono stata alle prese con emozioni difficili, ma anche momenti di timida, spaziosa gioia e di riscoperta di tante cose belle, che mi venivano in aiuto da tutte le parti, e momenti in cui mi coglieva a sorpresa la semplice gratitudine di essere viva. Sei sicura che non possono coesistere tutti questi momenti? La pratica mi ha regalato la comprensione che posso tenerli insieme, nelle mie mani e nel mio cuore, e che l’uno può dare valore e consistenza all’altro. Comprensione. Nel linguaggio della pratica è qualcosa di più di questa semplice parola: si tratta di una “visione profonda” che nasce da un’esperienza diretta di corpo e mente.
E allora, nel momento in cui da ogni parte si parla di “ripartire”, “ricominciare” – come se nella vita ci fosse una fine e un inizio. Sei sicura? – mi sono chiesta: ma quali sono le comprensioni che mi porto dentro, che sono scaturite in questi giorni? Che forse se guardo bene c’erano già prima, ma che escono rafforzate dall’esperienza e che mi possono aiutare nel momento in cui affronto la nuova sfida di questo ripartire?
Provo a dirle, in poche parole, sono tre:
- Interessere: siamo tutti collegati. Se ancora non lo sapevo abbastanza, ora mi è totalmente, limpidamente chiaro. Ogni cosa, o scelta, che faccio io influenza te, gli altri, il mondo, che io me ne accorga o no; ogni cosa, o scelta, che fai tu influenza me, gli altri, il mondo, che tu te ne accorga o no. Allora, bisogna che io tenga la consapevolezza sveglia e che metta in gioco in ogni momento tutte quelle qualità che poi io vorrei trovare nel mondo. Non c’è pensiero, parola o azione che sia neutrale. Come dice Thich Nhat Hanh, ogni pensiero, parola o azione che manifesto nel mondo porta la mia firma. Per sempre. Io faccio la differenza.
- Il futuro è fatto di presente: se la comprensione di prima è il collegamento nello spazio, questa lo è nel tempo. Quello che genero ora continua nel futuro. Il seme matura e porta il suo frutto ora e nel tempo, il futuro alberga nel presente, lo costruisco in ogni momento, nel solo momento possibile: ora. C’è già. Thich Nhat Hanh racconta di San Francesco che vede l’albero fiorito in pieno inverno. Non è l’albero, è il suo sguardo. È proprio così. Devo avere occhi e cuore aperto per vedere il mio contributo nel mondo come se fosse già fiorito. Quello che verrà domani, lo sto già costruendo ora.
- La protezione non è paura: tante volte mi è capitato in questi giorni di avere paura. E per la paura di evitare di fare certe cose o farne altre. Ma poi ho guardato meglio – sei sicura? – e ho visto che dietro a quella paura, aldilà di lei, poteva nascere un senso diverso, un’intenzione profonda di prendermi cura, di protezione. E che se mi collegavo con quell’intenzione, allora quel sapore amaro, sovrastante, pungente, quel senso di urgenza, di giudizio, di rabbia, quella pesantezza così faticosa della paura lasciavano un po’ andare, e facendo spazio alla protezione, alla cura c’era più apertura, più aria, più pazienza, più lucidità, più energia. Il cuore era più leggero, la mente più chiara. Potevo stare nel mondo, come si dice nelle tradizioni meditative “con mente chiara e un cuore che non vuole difendersi”. Che differenza.
Mi piace pensare che, un po’ come il virus, anche queste comprensioni della consapevolezza possano essere contagiose, e che se – come ci hanno detto tante volte in questi giorni – una persona “positiva al virus” ne nasconde altre dieci, anche una persona “positiva alla consapevolezza” ne possa contagiare altre dieci, cento, mille. Forse è già così, sta già avvenendo, e sarà questo che ci salverà la vita.
Oppure no?
Anna Rossi – Interessere Mindfulness in Azione