Le tre R dell’inquiry: Radicale accettazione, Risonanza e Risorse

di Paola Mamone
Cosa intendiamo per inquiry, quali sono le sue caratteristiche?
Come si differenzia l’inquiry nei percorsi MSC dal dialogo terapeutico utilizzato in psicoterapia?
Nei programmi di Mindful Self compassion l’inquiry è un dialogo esplorativo tra istruttore e partecipante – caratterizzato da rispetto, umiltà e curiosità- , che idealmente riflette la relazione interiorizzata che vorremmo che il partecipante sviluppasse con se stesso.
L’obiettivo dell’inquiry è fornire un esempio di come accogliere il dolore con compassione.
L’esplorazione si focalizza in genere sull’esperienza del presente all’interno di un campo interpersonale e svela con delicatezza la profondità del sentire.
L’incontro è finalizzato a scoprire ed allenare le risorse di autoconsapevolezza e di compassione, per permettere ai partecipanti di sviluppare una relazione più amichevole con la loro esperienza e con se stessi.
Caratteristica fondamentale dell’inquiry è l’accettazione radicale : l’attitudine a non giudicare e a non correggere, con profondo rispetto per i tempi, le necessità, la vulnerabilità e le determinanti culturali dei partecipanti.
Questo diventa possibile se l’istruttore è in grado di entrare profondamente in risonanza emotiva con ogni singolo partecipante . Per risonanza emotiva intendiamo un ascolto incarnato, uno stato di presenza amorevole e connessa che costituisce il 90% dell’inquiry.
L’ascolto di sé dell’istruttore è essenziale, gli permette di accedere a quello che il partecipante non sa esprimere e di farlo sentire “ sentito”.
L’istruttore sperimenta empaticamente il vissuto del partecipante (ed in particolare il disagio della risonanza empatica) prendendone atto e restituendola gentilmente per verificare, con umiltà, se le proprie sensazioni sono corrette.
Questo è il modo di insegnare la compassione attraverso la relazione svolgendo al contempo un’azione fondamentale di contenimento dei sentimenti difficili del partecipante,
“L’intimità della risonanza emotiva evoca un senso di connessione profonda” ( Germer, Neff ,2021) e costituisce un modello di relazione che attiva e sostiene lo sviluppo di una voce compassionevole interna.
E’ questa intimità che permette di riconoscere come utilizziamo le nostre risorse di autoconsapevolezza quando ci avviciniamo al riconoscimento dei nostri bisogni, incontriamo il dolore di quelli essenziali mai soddisfatti ed immaginiamo infine come rispondere creativamente utilizzando le risorse dell’autocompassione.
Nel processo di apprendimento e costruzione di queste risorse è fondamentale il rispetto dei tempi del partecipante : gli istruttori devono evitare la trappola di dare maggiore importanza all’aspetto di costruzione delle risorse rispetto alla risonanza emotiva” , consapevoli del fatto che a volte la proposta di utilizzare le risorse dell’autocompassione potrebbe essere un tentativo di liberarsi del proprio disagio invece di validare, condividere e verificare quello del partecipante e – solo allora -iniziare ad esplorare cosa potrebbe essere di aiuto.
Toccare il dolore è essenziale: poterlo riconoscere, nominare, localizzare nel corpo è la prima risorsa di autoconsapevolezza.
Nei percorsi MSC l’inquiry viene ancorato all’intenzione della pratica precedentemente proposta e l’attenzione del partecipante viene riportata sulla competenza offerta dalla stessa pratica , massimizzando il potenziale di apprendimento di un programma breve come MSC, in cui l’inquiry non supera di norma 2-3 minuti.
Ben diverso è l’uso dell’inquiry in psicoterapia, ed in particolare nelle psicoterapie orientate alla mindfulness e nella self compassion psychotherapy.
Il contesto definisce la relazione e la relazione terapeutica – duale o di gruppo – colora differentemente il processo dell’inquiry: il setting e gli obiettivi si modificano, in una relazione significativa di lunga durata è possibile elaborare l’esperienza presente in funzione delle esperienze passate, costruire narrazioni, occuparsi dei contenuti, offrire un contenimento stabile e prolungato nel tempo che, pur rispettando l’intenzione di “non voler aggiustare niente”, permetta di apprendere l’autocompassione anche quando il dolore emotivo è troppo intenso e complesso da sfociare in una condizione clinica.
In questi casi una psicoterapia orientata alla mindfulness o alla self compassion permette di condividere le risorse terapeutiche di cui abbiamo parlato attraverso un sapiente uso della presenza e della relazione terapeutica.
La presenza terapeutica è caratterizzata dall’accettazione radicale del terapeuta anche nei propri confronti, dalla ferma intenzione di non colludere con la fantasia dei pazienti di “essere aggiustati” nutrendo invece quella qualità della mente che accetta consapevolmente chi siamo. ( compreso a volte il nostro bisogno di voler cambiare, migliorare o aggiustare la vita dell’altro). La consapevolezza ci permette, infatti, di non passare all’azione, di riconoscere e, quindi ,di non agire nella relazione il nostro bisogno.
La relazione terapeutica vuole infatti creare un contenitore sicuro nel quale l’esperienza del paziente possa dispiegarsi per incontrare nuove modalità relazionali, in un’esperienza emotiva di sintonizzazione.
Così, senza attaccamento all’obiettivo di dover riparare qualcosa, semplicemente essendoci per l’altro con l’intenzione di alleviare insieme a lui la sua sofferenza, si permette di cambiare alle cose che possono cambiare: il rapporto con se stessi e con la propria esperienza.

Interessere Mindfulness in Azione partecipa e sostiene questa iniziativa di formazione promossa da CMF – Counseling Mediazione Familiare. A giugno un workshop di due giorni sulla Mindfulness in Rel-Azione